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OPALE

La pietra che hai scelto è l’Opale. Questa preziosa pietra è conosciuta e amata fin dall’antichità. Il suo nome potrebbe derivare dal greco “Opallios” che significa “vedere un cambiamento di colore". L'opale è una bellissima pietra che, alla vista, si presenta con degli affascinanti bagliori azzurri, verdi, blu, gialli, violetti, neri. Si tratta di un fenomeno ottico conosciuto in gemmologia come iridescenza.  Gli antichi greci, infatti, ritenevano che l’opale fosse un talismano in grado di prevedere il futuro e che fosse anche in grado di portare fortuna al suo possessore. Alla pietra opale è legata anche la credenza che possa prevenire e curare eventuali malattie degli occhi. Una leggenda invece racconta che coloro che lo indossano possono diventare invisibili e per questo sarebbe stata una gemma molto ambita dai ladri. Le distinte varietà di opali hanno caratteristiche diverse ma apprezzabili e affascinanti, in base al gusto personale e a ciò che si ricerca in una gemma. Chi lo scegli viene inevitabilmente catturato dai riflessi arcobaleno o dal fuoco imprigionato nel suo cristallo, nonché dal mistero che si cela nella sua storia.  L'opale è una pietra molto delicata e richiede parecchia attenzione.  Se si espone la pietra a troppo calore essa può disidratarsi e perdere le sue proprietà estetiche. Nei testi ebraici viene indicata come Ligurione. Un termine che deriva dal greco lígyes ("Λίγυες"), da cui il latino Ligures, derivato da lígys ("Λίγυς") dal significato di "stridolo", "risonante". Questa gemma è molto difficile da identificare e correlare con qualsiasi minerale. Tradotto dal greco antico, sta per "urina di lince". Teofrasto descrive una pietra di colore giallo sotto di essa, che funge da materiale per realizzare sigilli. C'è un'altra proprietà che è descritta in opere antiche: "è fredda e molto trasparente".  In una grotta in Kenya, Louis Leakey, il famoso antropologo, ha scoperto i primi manufatti di Opale conosciuti, risalenti al 4000 a.C. circa e, molto probabilmente, provenivano dall’Etiopia. Gli antichi Greci credevano che l’Opale conferisse poteri di preveggenza e profezia al suo proprietario, mentre nel folklore arabo si dice, che la pietra cadde dal cielo in un lampo. Plinio il Vecchio descrisse l’Opale, come ‘una pietra preziosa che contiene la fiamma ardente del Carbonchio (Granato), la porpora splendente dell’Ametista e la gloria verde mare dello Smeraldo, tutte risplendenti insieme in incredibile unione e squisito piacere’. Nel Mondo antico, l’Opale era considerata da tutti la gemma più ammaliante e misteriosa, indossata per le sue virtù di calmare e rafforzare la vista, curare le malattie degli occhi e capace di portare grande fortuna, poiché possedeva le virtù di tutte pietre preziose, i cui colori risiedono al suo interno. L’Opale è una pietra emotiva e riflette l’umore di chi lo indossa. Intensifica le emozioni e rilascia le inibizioni, incoraggia sia la libertà che l’indipendenza. Questa gemma migliora la coscienza cosmica e induce visioni psichiche e mistiche. Stimola l’originalità e la creatività, aiuta a liberare la rabbia e rivendicare il proprio valore, aiutando ad accedere ed esprimere il proprio vero sé. Come suggerisce la sua infinita mutevolezza, la pietra è strettamente associata al cambiamento. Pietra legata alla Grande Dea multiforme, ai suoi culti, e simboli: da Diana a Ishtar, Pandora, la Bona Dea, la Dea Lucifera, la Dea che mostra i seni, la Dea dei serpenti, la Dea Colomba fino a Morgana, Lilith e Viviana. La rappresentazione più antica della Dea é una donna formosa, nuda, in atto di sottolineare la forma dei seni o del pube, con fianchi, gambe e glutei molto pronunciati, simboli di fecondità e del potere di dare la vita. La troviamo anche in forme cilindriche e campaniformi o vasi antropomorfi; in forme tondeggianti o appiattite (queste ultime connesse ai culti funerari). Spesso compaiono segni geometrici intorno alle zone energeticamente potenti del suo corpo seni, pube, ventre, ombelico, testa, occhi, collo, braccia, gambe. La Dea viene anche raffigurata con testa di uccello o di serpente; mentre stringe serpenti tra le mani; in posizione eretta su una leonessa, leone o fiera; in posizione seduta o accovacciata. Regge o si stringe i seni con Ie mani; oppure con una mano stringe un seno e con l’altra un vaso rituale nel quale raccoglie il suo latte che zampilla, o ancora  nutre un animale; é vestita con abito Iungo trasparente o puntinato, a volte velata o ingioiellata con braccialetti, diademi, torquis, cinture, acconciata con pettinature intrecciate o lunghe trecce. In alcune forme più tarde troviamo la Dea rappresentata con accanto il suo compagno, paredro, amante, figlio a lei subordinato che la riverisce o la accompagna durante la ritualità. La Dea Madre più propriamente detta é rappresentata per onorare la maternità divina e umana, il potere di dare la vita, il nutrimento, il veleno e la cura. Universalmente presente a partire dal Neolitico e in tutte le epoche successive, passando da Hathor a Iside a Efesia fino a Maria. Le Dea é rappresentata in posizione eretta o seduta reggente da uno a più bambini/e; allatta le sue creature oppure le tiene vicino; bambini piccoli o grandi si avvicinano a lei o li tiene sulle spalle o sulla testa; é seduta su semplici sedie oppure su troni retti da fiere. Anche questa Dea può avere testa di serpente, di uccello o di vacca. In natura é circondata da animali quali: serpenti, colombe, uccelli, vacche, maiali, pecore, capre, fiere. Tiene nella mano frutti quali mela e melagrana oppure uova o scettri sormontati da uova o colombe. La Dea non é soggetta a vincolo matrimoniale seppure a volte accompagnata da un giovane dio, figlio, fratello o amante a lei subordinato che la assiste nelle funzioni sacre. La dea madre, non è mai legata al culto matrimoniale, ma alla generazione di un figlio. Dea del mondo vegetale e animale, conoscitrice delle erbe curative, protettrice delle fiere e degli animali selvatici di quelli acquatici e dei volatili; garante del ciclo vitale naturale e della fecondità. Viene rappresentata circondata da animali quali: serpenti, tori, cervi, arieti, capre, caproni, cavalli, orse/i, api, colombe, cigni, oche, anatre, galli, fiere come leoni, leonesse, leoncini, leopardi, pantere, rapaci. Dotata a volte di strumenti musicali cetra, cimbali, flauti e corni usati sia per ammansire gli animali sia per celebrare le feste della fecondità o i rituali stagionali. Spesso accompagnata da figure femminili sue sacerdotesse o Amazzoni, in seguito sostituite da cavalieri o da coppie umane. Il suo compagno barbuto, giovane o anziano, é il suo paredro, figlio, amante, fratello, aiutante; egli super-visiona la vegetazione, é spesso in connessione con i cavalli; spesso simboleggiato da un cervo maschio, da un picchio, da un gallo. La pietra opale rappresenta il caos cosmico. L’iniziatore dei misteri. La Dea dei serpenti é una figura specifica connessa al potere del serpente, questo animale ha un particolare rapporto con questa pietra e con i suoi poteri di gestione dell’energia creativa, sessuale e ctonia; é inoltre la custode del potere di guarigione dei veleni che combinati con le piante possono portare la morte o la vita. Il serpente é connesso con il potere della trasformazione, con il movimento, con la rigenerazione dell’energia vitale e partecipa al potere della Dea di creazione della vita é simbolo di fecondazione, fertilità, crescita. Le parti del corpo della Dea dove spesso si inerpica il serpente sono quelli dove scorre potentemente anche l’energia del corpo umano: testa, collo, braccia, mani, ventre, schiena, gambe. Come la pelle dei serpenti, la muta detta esuviazione, consiste, in pratica, nella perdita dello strato epidermico superficiale, che diventa ipercheratosico, cioè squamoso e duro. A questa pietra così multiforme è associato il simbolo del pavone e la maschera di Arlecchino. Secondo la tradizione Arlecchino nasce in un quartiere povero di Bergamo, indossa un bellissimo costume colorato: giacca e pantaloni aderenti, con triangoli rossi, verdi, gialli, azzurri disposti a losanghe, completato da una mascherina nera, ai piedi delle scarpe con un grande fiocco e in testa un cappello di feltro decorato con un codino di coniglio. Ha un carattere vivace: inizialmente era il tipo del servo sciocco, in seguito è diventato più astuto, sempre pronto a trarre in inganno e a fare dispetti. Arlecchino ne combina di tutti i colori. Spesso finisce nei guai e la sua preoccupazione principale è la ricerca incessante di cibo: è sempre affamato! Si muove saltellando, fa piroette, inchini e capriole, inciampa e cade. A volte è complice del suo padrone di solito avido e taccagno, altre volte invece cerca di imbrogliarlo. Si dispera facilmente, ma sa anche consolarsi in fretta. In mano ha un bastone di legno, il “batocio” che un tempo veniva utilizzato per girare la polenta e per condurre le mandrie al pascolo, che gli serve per darle e prenderle nelle liti in cui si imbatte. La radice del nome Arlecchino, è germanica e sarebbe composta da due parole “Hölle König”, “Re dell'Inferno”. Come per Efesia, Artemide Efesina, Diana di Efeso i suoi simboli: bastoni nodosi, scettri sormontati da uccelli, lance, bastoni, archi, ghirlande, palme, triangoli. Come nella sua storia Arlecchino ama perdutamente Colombina. Un essere puro, capace di portare con se il simbolo della pace interiore. L'origine del personaggio è molto antica e legata alla ritualità agricola. L’emblema di questa pietra è senza alcun dubbio una personalità capace di usare il mimetismo, o multiforma che è uno dei fenomeni più affascinanti che la natura abbia mai prodotto. La parola deriva dal termine greco mimesis , che vuol dire appunto "imitazione", ed è usata per descrivere la capacità di un organismo vivente di imitarne un altro a proprio vantaggio oppure in senso più ampio quella di assumere forme, colori e comportamenti per confondersi con l'ambiente circostante. Mimetizzarsi è una strategia che adottano molti animali per svariati scopi, principalmente per difendersi dai predatori o al contrario per colpire di sorpresa le proprie prede. L'imitazione può avvenire nei modi più svariati e può essere visiva, sonora, comportamentale, chimica oppure una combinazione di più di uno di questi fattori. Nell’antica grecia la pietra Opale era associata alla divinità di Giacinto. L'episodio è narrato nel X libro delle Metamorfosi di Ovidio. Secondo il poeta furono le lacrime divine a colorare i petali di un fiore appena creato, imprimendogli così il segno imperituro del dolore provato; tale fiore mitologico è stato identificato nel tempo con varie piante differenti, tra cui l'iride, il Delphinium e la viola del pensiero: anche altre figure semidivine morte nel fiore della loro giovinezza sono stati trasformati in "protettori della vita vegetativa", ad esempio Narciso, Ciparisso e lo stesso Adone. Nei testi biblici è la pietra che rappresenta la tribù di Dan. 

« ...Dan è come un leoncello che balza dal Bascian»

« Dan tutelerà la sua gente come ogni altra tribù di Israele. Sia Dan come una serpe sulla strada, una cerasta sulla via, morde il cavallo nel calcagno ed il cavaliere cade all'indietro ([il cavaliere (mette) all'indietro il cavallo morso nel calcagno]). Io spero, o Signore, nella tua salvezza »

Secondo il Khizkunì l’immagine era raffigurata è un'associazione di diversi animali in una sola immagine simile quindi ad una specie di drago alato.

La cerasta è un serpente che deriva dal latino cerastes o cerasta, dal gereco antico κεράστης, che significa “Serpente con le corna”, vivono nei deserti sabbiosi dell’Africa settentrionale e del Vicino Oriente sud-occidentale. 

La spiegazione della l'iridescenza nella natura, secondo studi effettuati è quella di confondere i predatori perché dà origine a pattern visivi sempre cangianti, instabili e che ingannano anche la percezione della profondità. La pietra opale aiuta quindi a prendere coscienza del proprio stato emotivo, degli innumerevoli cambiamenti umorali che mettiamo in atto per proteggerci, per mimetizzarci o per colpire a sorpresa.

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